Abbiamo sviluppato sistemi speciali personalizzati in base ai requisiti specifici delle varie aree di applicazione.
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Il vostro zaino vi accompagna in molte escursioni in montagna. Affinché voi e il vostro zaino possiate condividere il maggior numero possibile di avventure, potete estendere la durata dello zaino Deuter con una cura regolare. Qui sotto troverai alcuni suggerimenti pratici e semplici.
“No, perché l’abrasione influisce sul materiale (rivestimento PU) e causa danni nel tempo. Spesso rimangono anche residui di detergente. Per pelli sensibili, ciò può causare irritazione cutanea, ad esempio sugli spallacci. Una reazione chimica causata da sudore, residui di detergente e radiazioni UV favorisce la decomposizione più rapida dei materiali.
Il modo migliore per pulire lo zaino è infilarlo in una vaschetta o vasca da bagno, in base alle sue dimensioni, e lavarlo con sapone con pH neutro o bagnoschiuma. Qualsiasi sporco sullo zaino può essere facilmente rimosso con una spazzola. Le macchie di sudore sul sistema di indossatura possono essere risciacquate sfregando il materiale più volte, utilizzando sapone e abbondante acqua. Deve essere conservato in un ambiente asciutto!”
Per i primi anni, il materiale dello zaino rimane sufficientemente impermeabile. Tuttavia, dopo una lunga esposizione alla pioggia, l’acqua penetra attraverso le cerniere e le cuciture. Per trekking in montagna, scalata e sci alpinismo, i sacchetti a tenuta stagna possono essere inseriti all’interno dello zaino per evitare che il suo contenuto si bagni. Il vantaggio: tutti i dispositivi di fissaggio per il trasporto delle attrezzature, ad esempio i punteruoli da ghiaccio, gli sci, i bastoncini o le ciaspole, sono facilmente accessibili. Utilizzare un telo antipioggia per gli zaini da escursionismo e trekking. Per i modelli più vecchi, l’impregnazione ripetuta è utile solo per un breve periodo di tempo. Le impregnazioni (impregnazioni di spray e prodotti per la cura personale) penetrano nello strato base e possono causare irritazione cutanea.
La pulizia della sacca d’acqua e dell’intero sistema di idratazione è una parte essenziale della manutenzione delle attrezzature per attività all’aria aperta. Come pulire al meglio la sacca d’acqua? Abbiamo una guida semplice per te!
Proteggere lo Streamer pieno dalla luce solare diretta. Pulire attentamente dopo ogni uso quando utilizzato con bevande analcoliche. Utilizzare i detergenti per protesi dentarie in caso di contaminazione pesante. Se necessario, mettere il sistema di idratazione vuoto nel congelatore. Scongelare dopo il congelamento e pulirlo come descritto. Si tratta di un modo semplice e sicuro per uccidere i batteri che entrano nel sistema.
Conservazione: una volta pulito, conservate lo Streamer aperto in un luogo pulito e asciutto.
Tra il Monte Maggiorasca e il Groppo Rosso
Una panoramica su tutti i monti attorno a S. Stefano d’Aveto
Sviluppo: Prato della Cipolla – Monte Maggiorasca e Monte Bue – Groppo delle Ali – Ciapa Liscia - Groppo Rosso – Rocca d’Aveto Dislivello: 450 m in salita e 850 in discesa – Lunghezza: 10,5 Km Difficoltà: E
Ore di marcia: 4.15 ca.
Periodi consigliati: da maggio a ottobre
Accesso: uscita autostradale A12 di Lavagna. Si prosegue in direzione nord verso Carasco e Santo Stefano d’Aveto. A Rezzoaglio si prende una delle due strade per S. Stefano d’Aveto, e dal centro del paese saliamo fino a Rocca d’Aveto.
Con questo itinerario passiamo in rassegna tutti i monti attorno alla conca dove sorge S. Stefano d’Aveto, con in evidenza la vetta più elevata dell’Appennino Ligure: il Monte Maggiorasca. Assieme a questa importante montagna troviamo un corollario di monti molto significativi: dal Monte Bue al Groppo della Ali, passando per la Ciapa Liscia e il Groppo Rosso, forse la vetta più caratteristica della zona. Sono tutte vette di natura basaltica, che emergono dal folto delle faggete con imponenti bastionate rocciose, ciascuna con la sua personalità.
Per i sentieri da trekking che andremo a percorrere ci prepariamo eqipaggiati di una buona attrezzatura da trekking: zaini Deuter ACT Trail Pro 40, Futura 30 SL, Groden 32 e AC Lite 26. Si parte da Rocca d’Aveto (1281 m), nelle immediate alture di S. Stefano d’Aveto, dove possiamo decidere se salire a piedi al Prato della Cipolla (1600 m – segnavia un cerchio pieno con linea gialla), oppure accorciare l’itinerario di salita di oltre 1 ora di cammino, con la seggiovia che collega i due siti in meno di 15 minuti. Con quest’ultima soluzione concentriamo le forze sul lungo itinerario di traversata.
Dalla stazione d’arrivo della seggiovia si procede in discesa verso il Prato della Cipolla (seguire i cartelli in legno), una conca di origine glaciale sbarrata a sud da un complesso morenico che ne ha determinato la formazione. E’ una zona che è stata rivalutata di recente grazie all’apertura della seggiovia, dove funziona un punto ristoro avente gli stessi orari di apertura dell’impianto di risalita, e dove sono stati sistemati alcuni tavolini con panche, alcuni dei quali al coperto di una struttura in legno. Ad incombere sull’ampia zona prativa è il Groppo delle Ali, una struttura rocciosa bifida, dove i due speroni sono collegati da un ponte tibetano, mentre la vetta è raggiungibile con una ferrata. Ce ne occuperemo dopo, in quanto puntiamo inizialmente sulla vetta più orientale della zona, il Monte Maggiorasca, che raggiungeremo con un ampia strada sterrata. In realtà si tratta di una pista da sci che scende dal Monte Bue al Prato della Cipolla. Per evitare le forti pendenze esistono alcuni tratti dove un sentiero da trekking affianca la pista, in maniera da rendere la salita e la discesa meno
scivolosa. In 20 minuti saliamo fino al passo (1718 m) tra il Monte Bue e il Maggiorasca, dove proseguiamo temporaneamente sulla destra.
La salita diventa più tranquilla, e passa in mezzo ad una faggeta con alla base un tappeto di mirtilli e lamponi. Dopo un paio di strappi siamo arrivati all’anticima, dove troviamo alcuni impianti ripetitori. Da qui la vetta del Monte Maggiorasca (1804 m – 30’ di cammino dal Prato della Cipolla) è visibile grazie alla sua vicinanza, e alla presenza dell’imponente statua della Beata Vergine di Guadalupe, installata in vetta nell’agosto del 1947 da parte dei valligiani che l’avevano già eletta patrona della vallata (vedere le targhe apposte alla base della statua). Un altarino sorge in mezzo al prato sommitale, dove viene celebrata la messa di commemorazione dell’evento, ogni anno.
Il panorama dalla vetta spazia su tutto l’Appennino Ligure e in lontananza le Alpi.
Torniamo sui nostri passi, e ritorniamo al passo tra i due monti che avevamo prima lasciato. Saliamo ora in direzione del Monte Bue (1771 m - 25’ di cammino dal Monte Maggiorasca), seconda vetta per altezza dell’Appennino Ligure, meno appariscente rispetto alle cime limitrofe, in quanto rappresenta una sorta di anello di collegamento tra il Maggiorasca e il Monte Nero (1752 m), già in territorio emiliano.
Sulla sommità troviamo i ruderi dei vecchi impianti di risalita che creano un effetto spettrale, ma che possono trasformarsi in ripari contro le intemperie. Da qui scendiamo lungo la zona di crinale, seguendo i segnavia bianco – rossi e i cartelli che indicano inizialmente il sentiero per il Monte Nero. Al bivio successivo si prende il sentiero 001 che scende in direzione del Prato della Cipolla. Qui ritorniamo dopo circa mezz’ora di cammino.
Quando siamo in vista della vasta area prativa, possiamo effettuare una digressione verso il vicino Groppo delle Ali, (1680 m). Per raggiungere la base della vetta rocciosa occorre scendere in direzione di un ruscello, guadarlo, e successivamente risalire un sentiero molto angusto tra gli alberi che termina tra i sfasciumi di roccia alla base della roccia bifida. Da qui in poi è un percorso di ferrata. Si ritorna poi dalla stessa strada (20’ di cammino A/R).
Dal Prato della Cipolla seguiamo ora un ampio sentiero che dalla zona pic-nic si stacca verso la vicina faggeta. Prima superiamo alcuni guadi e poi ci portiamo al fresco del fitto bosco. Da notare come gli esemplari di faggio siano quasi allo stato arbustivo, senza grandi o mastodontici alberi secolari.
Il tracciato prosegue tranquillo in piano, e propone alcune deviazioni verso il Lago Nero e sul versante opposto, verso Rocca d’Aveto. Seguendo attentamente le indicazioni fornite dai cartelli in legno possiamo individuare immediatamente la strada giusta.
Dopo 30 minuti di cammino lungo il sentiero da trekking giungiamo di fronte al Rifugio Astass (1599 m), sempre aperto, immerso nel bosco e dotato di veranda e barbecue. Da qui raggiungere il Groppo Rosso ci vuole poco, ma prima di arrivare in questa stupenda montagna possiamo effettuare una digressione verso nord, verso il sistema dei monti Roncalla e Ciapa Liscia. Si tratta di due montagne molto panoramiche sulla val d’Aveto, unite da una cresta la cui parete occidentale è letteralmente franata verso valle, formando la suggestiva Conca Tribolata.
Inizialmente si cammina nel folto dei faggi, ma dopo un bivio si svolta improvvisamente a sinistra, dove sbuchiamo nella zona prativa di Prato Pero, che anticipa col suo tappeto di mirtilli la vetta del Monte Roncalla (1658 m – 15’ di cammino dal rifugio Astass), ultima vetta in territorio ligure.
Per giungere sulla vicina Ciapa Liscia (1652 m – 10’ di cammino dal Monte Roncalla) si procede sul crinale che offre vari saliscendi da trekking. Anche questa vetta appare tondeggiante in vetta, ma offre allo stesso tempo lo spettacolo della vasta frana sul versante occidentale. Da qui si può procedere verso il Passo Crociglia, passando verso la Rocca Marsa (1512 m), attraverso un sentiero da trekking di cresta piuttosto difficile.
Torniamo indietro sui nostri passi fino al bivio vicino al rifugio Astass, che ora eviteremo, per dedicarci nell’ultimo tratto alla stupenda vetta del Groppo Rosso (1594 m - foto). Più che di un monte bisognerebbe parlare di un sistema di vette a diversi livelli, solcati da profondi canaloni sul versante meridionale che precipita verso S. Stefano d’Aveto. La vetta è contraddistinta da tre terrazzi panoramici sulla conca avetana e i monti circostanti. Sotto di
noi i stupendi dirupi e un appendice del cimotto del Birillo, sorta di anticima del gruppo montuoso. Dopo una sosta nei tre avamposti panoramici, scendiamo ora sul fianco occidentale della montagna, seguendo il percorso da trekking con il segnavia triangolo vuoto giallo, che nel giro di 1 ora ci porterà verso Rocca d’Aveto.
Questo panoramico sentiero da trekking scende tra i faggi della zona sommitale, per poi tuffarsi nella zona prativa a cavallo tra il Groppo Rosso e il Monte Bocco (1381 m), dove troviamo un solo casone in pietra utilizzato come ricovero per il bestiame. Prima di questo troviamo un paio di bivi che portano verso la zona del Passo del Bocco e la già citata Valle Tribolata.
Alcuni tornanti fanno perdere rapidamente quota, e propongono un continuo cambio di vegetazione che alterna tratti scoperti su prato ad altri più ombrosi nel bosco.
Arriviamo così nella zona adibita a pascolo, dove occorre superare un rudimentale cancello per il bestiame. Troviamo anche una fontana – abbeveratoio, che si trova al bordo della recinzione. Seguiremo un pezzo di quest’ultima, fino a superare un altro cancello.
Siamo quasi giunti in paese, dove troviamo numerosi pini mughi ridotti ad arbusto, ginepri e rose canine. Il sentiero da trekking arriva nei pressi della statale per Rocca d’Aveto, all’altezza delle prime case. Per ritornare verso il centro del paese possiamo proseguire lungo il sentiero che sale verso il Prato della Cipolla, guadando e successivamente affiancando un ruscello. Seguendo il segnavia giallo (un pallino pieno con linea – 15’ di cammino), affianchiamo per un tratto la strada rotabile fino ad incontrala. Ancora un tratto di sentiero e in breve raggiungiamo le immediate vicinanze della stazione di partenza della seggiovia. Qui termina il nostro itinerario
Un consiglio: informarsi preventivamente sui periodi di apertura della seggiovia per Prato Cipolla (vedi sito del comune di S. Stefano d’Aveto)
La Via dei Santuari
Il percorso di mezza costa delle Cinque Terre
Sviluppo: Monterosso – Madonna di Soviore – Madonna di Reggio – S. Bernardino – Volastra – Santuario di Montenero - Riomaggiore
Dislivello: 850 m in salita Difficoltà: E
Ore di marcia: 9.15 h. ca.
Periodo consigliato: da ottobre a maggio
Accesso: in treno si scende alla stazione ferroviaria di Monterosso (linea Genova- La Spezia – Roma). In auto usciamo al casello autostradale A12 di Levanto - Carrodano, per proseguire in direzione Levanto e Monterosso.
Nonostante l’asprezza del territorio, le Cinque Terre sono percorse da un fitto reticolo di sentieri, eredità lasciata dai contadini e pastori che percorrevano questi itinerari per muoversi da un paese all’altro e da una vallata all’altra.
Esistono tre percorsi da trekking principali che tagliano in orizzontale il parco: uno costiero, che unisce i cinque celebri paesi; uno di crinale, che percorre per intero tutte le montagne che dividono la
costa dalla Val di Vara; uno di mezza costa, che unisce i cinque santuari posti sopra ciascun paesino. Di questi tre, quello di mezza costa è il più lungo perché deve adattarsi alla conformazione tormentata delle vallate.
Diversi itinerari tagliano verticalmente dal crinale alla costa passando per il sentiero da trekking di mezza costa, e possono essere utilizzati per salire o scendere nei vari punti del parco.
Questo percorso può essere percorso in una giornata o divisa in due o tre tratte utilizzando i sentieri trasversali come vie di fuga per
scendere sui centri della costa.
Oltre ad avere un’alta valenza naturalistica, questo percorso permette di conoscere i piccoli centri religiosi posti sopra ciascun paese, con panorami mozzafiato sulla costa.
Si parte da Monterosso, il primo paese delle Cinque Terre venendo da ovest, forse il meno caratteristico, perché posto in tranquilla posizione sulla costa, dotato di ampie spiagge, servizi e collegamenti più diretti con gli altri centri della costa. Una visita è però d’obbligo per vedere le vestigia e i monumenti del paese.
Percorriamo la via interna (Via Roma), che dal mare porta verso l’interno e giunti all’altezza di un piazzale prendiamo una scalinata segnalata dal segnavia n°9 che sale al Santuario di Soviore. La salita alterna tratti a scalini con altri su fondo pietroso, in maniera quasi continua. Unica breve pausa è rappresentata dalla strada provinciale che viene attraversata prima dell’imbocco di una galleria. Si risale poi lungo la Via Crucis che su acciottolato ci porta fin quasi sotto il santuario. Passiamo davanti ad una cappella ricostruita nel 1863 sui resti di un tempietto
cinquecentesco, che ricorda il ringraziamento alla Madonna dopo un epidemia. Effettuato un tornante si arriva così al Santuario di Soviore (465 m – 1h 15’ di cammino). Bello il panorama verso Monterosso e Punta Mesco.
La località è anche raggiungibile tramite bus del parco in partenza da Monterosso.
Dal santuario saliamo verso la sovrastante strada rotabile che porta a Riomaggiore, che percorreremo per meno di1 Km. Giunti all’altezza di una curva imbocchiamo il sentiero da trekking 8b che scende verso la Madonna di Reggio. Questo tratto della Via dei Santuari appare più trascurato per la presenza di una folta vegetazione infestante (felci, rovi, ginestra spinosa, ecc ), dovuta al passaggio in tempi recenti del fuoco che ha impoverito la vegetazione della zona. Consigliabile in questo e nel successivo tratto l’uso di scarponi
e pantaloni lunghi.
La bassa vegetazione consente di godere degli ampi panorami sulla
costa tra Monterosso e Punta Mesco, ed in seguito verso Vernazza. Dopo un tratto in piano il sentiero da trekking scende nei pressi di un crinale, aggirandolo poi dal basso e con un successivo saliscendi si arriva ad una curva della strada provinciale per Vernazza. Proseguiamo lungo la rotabile fino ad arrivare al bivio pedonale del Santuario di Reggio. Con 5 minuti di discesa si arriva all’ampia area ombrosa che circonda l’edificio religioso (350 m – 2h 30’ di cammino da Monterosso).
Nei pressi della chiesa troviamo un cipresso monumentale e una vasta area pic-nic.
A questo punto ci troviamo ad affrontare il tratto più impervio e trascurato dell’intero percorso da trekking. Il rischio è quello di trovarsi bloccati nel cammino da improvvisi infrascamenti e pezzi semi- franati. Alcune proprietà private hanno inoltre modificato il tracciato
originario.
Una valida alternativa può essere quella di percorrere il tratto di strada asfaltata che sale alla Foce di Drignana, e da qui proseguire su asfalto fino al bivio con S. Bernardino (1h 10’ circa), oppure arrivare sempre alla Foce di Drignana col sentiero da trekking 8 (attenzione ad alcuni tratti infrascati), proseguire per oltre 1,5 Km sulla rotabile per La Spezia, fino a prendere una strada privata che scende nel bosco sottostante. Recuperato il sentiero 8/a si prosegue in direzione est per un
lungo tratto che alterna pinete ad alcune zone umide in corrispondenza dei vari ruscelli, che vanno a comporre più a valle il Rio Vernazza. Queste ultime zone purtroppo hanno una vegetazione piuttosto esuberante che a tratti invade il sentiero. Un buon senso dell’orientamento permette di superare alcuni tratti difficili. Al secondo guado occorre seguire il segnavia che risale il versante opposto, mentre occorre evitare un vecchio sentiero da trekking tracciato che porta a valle.
Guadati altri due ruscelli con diversi saliscendi si arriva alla frazione Murro, con alcune case contadine semi-abbandonate, per proseguire in piano fino a sovrastare un bel vigneto alla periferia di S. Bernardino (374 m). Da qui si prosegue su sterrata per qualche metro fino ad incontrare la rotabile che scende al santuario e a Vernazza.
Se vogliamo raggiungere il paesino è sufficiente scendere per qualche centinaio di metri la strada asfaltata. Da qui si può risalire lungo il sentiero da trekking 7 che risale il versante fino ad arrivare alla strada
provinciale per La Spezia (tempo totale di percorrenza del percorso dalla Madonna di Reggio 2h 30’ – da Monterosso 5h). Questo tracciato risulta più lungo della strada rotabile, sia per la difficoltà di percorrenza, che per la presenza di numerosi saliscendi che fanno perdere in più punti preziosi metri di quota.
Presa od incontrata oltre la strada rotabile per La Spezia, la percorriamo per un paio di Km fino ad individuare a destra il sentiero da trekking 7a che scende a Corniglia. Si attraversa una stupenda foresta di castagni per una decina di minuti circa fino a sbucare fuori dal bosco ed incontrare dopo una curva la diramazione 6d per Volastra. Comincia così il tratto più bello ed affascinante del percorso da trekking che con notevoli panorami sulla costa e sui cinque paesi ci consente di addentrarci nei celebri terrazzamenti coltivati a vigna, tipici di questa zona.
Dopo un tratto in leggera salita su terrazzamenti abbandonati, riconquistati dal bosco, si prosegue quasi in piano fino ad addentrarci in un vallone selvaggio ed umido, percorso dal Rio Molinello che scende verso Corniglia.
Superati alcuni muretti a secco sbuchiamo dal bosco ed entriamo nel vivo delle fasce coltivate a vigna, dove possiamo vedere al lavoro i viticultori che devono rinforzare i muretti o ammarrare le viti ai loro sostegni. Una vita dura, agevolata in questi anni da alcune monorotaie che permettono di trasportare materiale e uomini da una fascia all’altra.
Stupendi in questo tratto i panorami sulla costa, sul mare cristallino, e sulla marea di terrazzamenti che caratterizzano il paesaggio collinare di questi luoghi . Si passa poi nella piccola frazione di Porciana, un agglomerato di case contadine
abbellite da fiori e rampicanti. Ancora un breve tratto in mezzo ai vitigni e giungiamo in quella che possiamo identificare come la capitale vinicola delle Cinque Terre, Volastra (334 m – 6h 30’ di cammino da Monterosso). Il sentiero termina di fronte al Santuario di N.S. della Salute. Affianchiamo la chiesa sul versante nord e sbuchiamo sulla strada provinciale per Riomaggiore. Senza scendere in direzione del paese prendiamo la via che sale con segnalazione per il sentiero da trekking 6 che
si stacca quasi subito, mentre noi continuiamo lungo la strada rotabile, che dopo 1,5 Km diventa sterrata, diventando una stradina interdetta al transito veicolare.
Tale percorso si mantiene in piano per quasi tutta la sua durata con brevi saliscendi, in cui frequenti sono le pozzanghere d’acqua da evitare lungo i lati. Questa sterrata si mantiene quasi sempre in ombra e con scarsi punti panoramici sulla costa. Dovendo attraversare le vallate del Rio Groppo e Rio Maggiore, lo sterrato segue la morfologia del territorio che in alcuni tratti si allontana vistosamente dalla costa.
Incrociamo in sequenza il sentiero 2 per Manarola ed 1 per Riomaggiore, prima di affrontare l’avvicinamento all’ultimo santuario. Giunti ad un tornante, abbandoniamo la sterrata fin qui seguita, che prosegue in direzione Portovenere, per imboccare un sentierino che sale a fianco della curva e scollinare sul versante opposto in direzione mare.
Passati a fianco di una casa si giunge ad un crocevia di sentieri, dove occorre seguire la traccia che si mantiene in piano in direzione mare. Si scende successivamente verso il Santuario di Montenero
(354 m – 8h 30’ di cammino da Monterosso), dove troviamo un’ampio prato ed alcuni servizi,tra cui un bar – ristorante. Bello il panorama verso Riomaggiore e Punta Mesco da una parte, e verso la costa di Tramonti e le isole Palmaria, Tino e Tinetto dall’altra.
La discesa verso Riomaggiore può avvenire su due diversi percorsi: uno diretto, ma spaccagambe, sul sentiero da trekking 3a, quasi tutto su scalini tra gli orti; oppure lungo il sentiero da trekking 3, più dolce e graduale che giunge a Riomaggiore dalla parte nord del paese.
Per raggiungere la stazione ferroviaria occorre prendere il tunnel ferroviario che parte poco sopra il porticciolo del paese e sbuca a fianco della fermata FS.
Un consiglio: il sentiero è possibile
dividerlo in più tappe giungendo a Soviore, Madonna di Reggio , S. Bernardino e Volastra con i bus del parco che partono dai centri della costa. Informarsi preventivamente degli orari di partenza, variabili secondo la
stagione.
L’anello del Passo della Gava
Tra il crinale del Beigua e il mare
Sviluppo: Arenzano – Cima di Mezzo – Passo Tardie – Passo della Gava – Prato Liseu – Curlo – Arenzano
Dislivello: 900 m
Difficoltà: E
Ore di marcia: 5h 00’
Periodi consigliati: da settembre a maggio
Attrezzatura: Zaini e accessori Deuter Futura 32 e Zugspitze 22 Sl+ First Aid Kit+Montana Gaiter+Streamer 2.0 lt.+Streamer Thermo Bag 3.0 lt.+Streamer Tube Insulator+Belt II
Accesso: in auto si esce al casello autostradale A10 di Arenzano, oppure si prende il treno e si scende sempre ad Arenzano (linea Genova – Ventimiglia)
Tra i vari percorsi proposti dall’entroterra di Arenzano quello che porta al Passo della Gava è un classico, in quanto la zona di valico rappresenta una sorta di porta d’accesso alla parte orientale del crinale del massiccio del Beigua. Da qui si raggiunge in tempi relativamente brevi il Monte Reixa (1183 m) e il Passo del Faiallo (1061 m), veri e propri balconi panoramici sul genovesato, la riviera del Beigua, e un po’ su tutta la Riviera Ligure. Senza arrivare in cima al crinale si possono raggiungere zone di selvaggia bellezza, lontane da qualsiasi via di comunicazione. Questo itinerario viene spesso utilizzato dagli organizzatori della marcia “Mare e Monti”, che si tiene annualmente nel mese di settembre.
Partiamo dal centro di Arenzano con la nostra attrezzatura Deuter (zaino Futura 32 e Zugspitze 22 SL) (s.l.d.m.) e percorriamo la passeggiata in direzione est fino ad arrivare alla foce del Torrente Cantarena. Qui prendiamo Via V. Veneto che affianca il corso d’acqua. Si prrosegue poi in Via Olivette, che affianca il Parco Figoli e una chiesa, da cui parte la segnalazione del sentiero A che seguiremo in questo primo tratto.
Sorpassata l’autostrada A10 entriamo nel tipico ambiente contadino della valle del Cantarena, con le fasce terrazzate, i coltivi e gli olivi.
Percorriamo ora un sentiero da trekking lungo il crinale tra la valle del Cantarena e quella di Terrarossa, dove si entra già in un ambiente tipicamente collinare, con molti pini devastati da diversi incendi. Man mano si apre il panorama verso Arenzano, il suo porticciolo e il promontorio della pineta.
Dopo un tratto con alcuni saliscendi entriamo in una pineta con una salita piuttosto evidente e continua. Si guadagna rapidamente quota fino ad arrivare alla Cima di Mezzo (565 m – 1h 30’ di cammino). Poco prima della vetta abbandoniamo il sentiero da trekking A per proseguire lungo una traccia evidente di sentiero segnalata con la lettera M. Lungo il percorso incontriamo anche una sorgente.
Saliamo ancora in maniera decisa fino a raggiungere le pendici del Monte Pennone, un vero e proprio avamposto roccioso verso il genovesato. In effetti il tracciato passa lungo il confine tra i comuni di Arenzano e Genova, ed incontra a quota 780 metri la vecchia stazione del
dazio. Questo manufatto ricorda il periodo in cui i commerci avvenivano via terra attraverso i sentieri di crinale, a dorso di mulo. In questa zona si pagava una tassa di passaggio da parte di coloro che partendo dalla costa portavano le merci verso i mercati piemontesi. Ora questa casa è un riparo da utilizzare in caso di maltempo. Incontriamo in questo punto il sentiero che sale da Voltri (X rossa), il cui segnavia ci guiderà fino al Passo della Gava.
L’ambiente è decisamente montano, con le rocce di serpentino che spuntano in mezzo a questa zona erbosa. Sono pochi gli alberi che riescono a crescere in queste zone battute da forti venti e dal terreno fortemente acido.
Ancora una salita tra le rocce e siamo arrivati in cima al Passo Tardie (870 m – 2h 40’ di cammino), posto tra i monti Tardia di Ponente (928 m) e il Tardia di Levante (878 m). Decisamente bello il panorama verso le due riviere e la vicina Genova, con la visuale che si apre verso l’interno della Val Cerusa e il paese di Sambuco, e Punta Martin. Raggiunta la quota massima, scendiamo in una ventina di minuti al Passo della Gava (752 m). Si tratta di un avvallamento profondo visibile a distanza di parecchi Km, tra il Monte Tardia e il Monte Reixa. Questa sua peculiarità è stata sfruttata per tracciare numerose vie di comunicazione tra i monti del crinale del Beigua e il mare, tra Arenzano, la Valle del Cerusa e Voltri. In zona troviamo una tavola orientativa e un pannello che indica il percorso natura che percorreremo al contrario nel scendere in direzione mare. La zona in generale si presta per una pausa ristoratrice vista la presenza di vaste areee prative, in parte anche riparate dal vento, con ampi panorami in tutte le direzioni.
Scendiamo ora lungo la strada sterrata in leggera discesa che passa sul fianco occidentale del Monte Tardia di Ponente, nella valle del Torrente Lerone.
Lungo il percorso troviamo un mulinello e il riparo Beppillo. Giunti a quota 600 metri, in località Prato Liseu, possiamo tagliare alcuni tornanti dello stradone, utilizzando un sentiero segnalato con due pallini rossi.
Dopo aver effettuato alcuni accorciamenti di percorso ci troviamo nuovamente nello stradone che affianca l’ingresso al centro ornitologico del Parco del Beigua. In breve tempo si può raggiungere la casa forestale Vaccà, sede del centro, e una postazione panoramica d’avvistamento.
Con un tratto rettilineo e un paio di tornanti si giunge velocemente a Curlo (280 m), località panoramica dove troviamo un area pic-nic attrezzata con dei barbecue.
Prendiamo all’ingresso dell’area di sosta un sentiero segnalato da un cartello come “Sentiero degli Inglesi”. Si tratta di un bel percorso che scende gradualmente verso mare, tra lecci, pini e la macchia mediterranea. Questo percorso effettua diversi tornanti e passa in ambienti molto diversi. Si superano inoltre un paio di ponti sul Rio Seilughi, in una zona molto ombrosa.
Man mano ci portiamo in un ambiente decisamente più agreste, con terrazzamenti e olivi, che si alternano a tratti di bosco. Sbuchiamo poco sopra l’autostrada A10, e in breve ci troviamo dalla Torre Saracena posta sopra il Santuario del Bambino di Praga, posto molto caro ai fedeli liguri. Da qui si segue la discesa verso il centro di Arenzano, dove chiudiamo l’anello dell’itinerario.
Un consiglio : nella stagione primaverile la zona è soggetta al passaggio di numerose specie di uccelli. Per saperne di più esiste un centro ornitologico con tanto di postazione d’avvistamento in località Bric Cravieu. Consigliati un paio di binocoli.
Gli itinerari escursionistici in Provincia di Genova (la Valle Scrivia - Trebbia)
Trekking sul Monte Antola
La montagna con i suoi sentieri da trekking più visitata dai genovesi
Sviluppo: Casa del Romano – Monte Tre Croci – Monte Antola – Rifugio Antola
Dislivello: 300 m in salita e 160 in discesa
Difficoltà: E
Ore di marcia: 2 h ca.
Periodi consigliati: Da aprile a novembre
Accesso: auto si arriva a Torriglia da Busalla o dalla Val Bisagno, e si prosegue per Propata e Casa del Romano. Quest’ultima è raggiungibile anche dalla Val Borbera, uscendo al casello A7 di Vignole B. – Arquata e proseguendo per Cabella L. e
Capanne di Carrega.
Qualsiasi appassionato di escursionismo e trekking a Genova può dire di esserci stato almeno una volta. La sua notorietà è data ad un insieme di fattori: la sua panoramicità a 360° su gran parte del nord – ovest italiano e in mare aperto fino alla Corsica; la rigogliosa vegetazione che la circonda e le stupende fioriture nei prati sommitali che rendono la vetta una sorta di giardino botanico; la fitta rete di sentieri da trekking che rendono la montagna raggiungibile da oltre una dozzina di località.
Questa escursione è la via più comoda per raggiungere la vetta, anche se tra andata e ritorno occorre mettere in preventivo di affrontare quasi 500 metri di dislivello per via di alcuni saliscendi.
Il toponimo Antola deriverebbe dal greco anthos, che significa fiore, per via delle numerose essenze che tra la tarda primavera e l’estate fioriscono in maniera copiosa. Erano molti i valligiani che salivano in vetta per raccogliere le erbe e i fiori medicamentosi per guarire numerose malattie o punture d’insetti.
Dopo uno sguardo al vastissimo panorama che si gode dalla vetta, si procede alla volta del rifugio, posto ad una sessantina di metri di quota più in basso, sul versante sud della montagna.
Partiamo come al solito in un piccolo gruppo di persone attrezzate per il trekking con materiale Deuter dalla Casa del Romano (1390 m) località posta poco sotto il crinale tra Val Trebbia e Val Borbera. Qui troviamo un ristorante– bar–albergo ottimo per effettuare soste ristoratrici. Risaliamo un sentiero da trekking in direzione nord che passa a fianco di una cappelletta, e del costruendo osservatorio astronomico.
Cominciamo a guadagnare quota tra i prati in fiore e belle visuali verso l’alta Val Borbera, con in evidenza il Monte Carmo, il Monte Lesima e il Monte Alfeo.
Giunti sul crinale incontriamo il sentiero da trekking proveniente da Capanne di Carrega indicato coi segnavia due rombi gialli pieni e due pallini gialli pieni, nonché da una bandierina bianco – rossa con n° 200 in nero.
Guadagniamo gradualmente quota tra vaste aree prative utilizzate come pascolo, come testimoniano un paio di cancelli che si interpongono sul nostro tracciato.
In alcuni tratti passiamo nel folto del bosco di faggi che offrono un sicuro riparo dal vento e dal sole.
Superata quota 1500 metri il sentiero da trekking comincia a salire, passando accanto ad un area pic-nic posto ai margini del bosco.
Il tratto successivo alterna prati a faggete, fino a passare a fianco del Monte delle Tre Croci (1565), raggiungibile con una breve digressione, per poi scendere lungo la zona di spartiacque fino al Passo delle Tre Croci (1495). Il passo è un crocevia di sentieri, il cui nome deriva dalla presenza di tre croci in legno nello spiazzo limitrofo al passo stesso, che ricordano la morte di tre uomini sorpresi da una tormenta di neve nel mese di marzo. Tralasciando a sinistra il segnavia a rombi, proseguiamo utilizzando gli altri due fino alla vetta. Dopo un tratto in piano nel bosco, perdiamo quota fino ad arrivare ad un insellatura a quota 1483, per affrontare poi lo stacco finale. Ad un certo punto occorre abbandonare il sentiero da trekking principale, per prendere un tracciato secondario che sale in maniera decisa tra gli alberi, con fondo lastricato o pietroso.
Terminata la grossa salita si arriva all’anticima del monte, e con uno stacchetto finale alla vetta del Monte Antola (1597 m).
Nonostante alcuni monti della Val Borbera siano leggermente più alti, il Monte Antola vanta una vista totale che spazia verso le maggiori vette delle Alpi centro-occidentali e dell’Appennino Ligure, nonché le isole toscane e la Corsica.
Scendiamo sul versante meridionale della montagna e raggiungiamo la cappella- ricovero. Da questo punto seguiamo la traccia in discesa verso il rifugio nuovo, posto decisamente più in basso rispetto al vecchio rifugio “Musante”, che con alterne vicende ha tenuto aperto fino a pochi anni fa. Proseguendo nel bosco arriviamo dopo 15’ di cammino al bivio verso la moderna struttura di accoglienza del Rifugio Antola (1538 m), che offre un area di ristoro, una terrazza su più strati completamente in legno e persino una telecamera che invia al sito internet sull’Alta Via dei Monti Liguri le immagini e i dati meteo. Grazie a questo servizio possiamo sapere in anticipo il tempo che ci aspetta in vetta.
Il ritorno avviene sullo stesso percorso da trekking dell’andata, che si trasforma in una piacevole passeggiata di crinale con pochi saliscendi.
Un consiglio: questo piacevole percorso può essere utilizzato in inverno come pista da fondo, e nelle altre stagioni come itinerario per MTB
E’ forse uno degli itinerari più belli e interessanti del levante ligure, ma anche uno dei percorsi più fragili e difficili da percorrere.
Read MoreE’ forse la vetta più rappresentativa dell’Appennino Ligure. Si eleva come una piramide maestosa dai boschi della Val d’Aveto e della Val di Taro. Amato dagli escursionisti e dagli scalatori che si inerpicano lungo i ripidi versanti, il Monte Penna è contraddistinto da una vetta
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